Il punto di vista
“L’olio invecchiando migliora” e altri miti da sfatare.
Quasi tutti lo utilizzano e lo amano ma solo pochi lo conoscono davvero a fondo. Per questo, nel corso dei decenni, si sono consolidati molti luoghi comuni sull’olio extra vergine. Convinzioni errate ma diffuse, sulle quali forse è il caso di fare un po’ di chiarezza.
Vediamo insieme quali sono i più importanti miti da sfatare:
Se il tempo gioca a favore di alcuni prodotti gastronomici come formaggi, vini e alcolici in generale, non è invece certo un alleato dell’olio. Le proprietà organolettiche di quest’ultimo tendono infatti a peggiorare con l’invecchiamento: le note aromatiche tendono ad attenuarsi e il processo di ossidazione ad avanzare. È vero che l’olio evo non ha una vera e propria data di scadenza bensì solo un’indicazione preferibile di consumo, però va sempre considerato che dà il meglio di sé soprattutto quando è fresco.
In realtà la piccantezza non è correlata all’acidità. Il “pizzicore” causato da certi oli indica che sono stati ottenuti da frutti raccolti non completamente maturi. L’acidità invece non è percepibile al gusto ma, più è bassa, più la qualità dell’olio è alta.
Stesso errore del punto precedente: non c’è alcun legame tra il sapore di un evo e il suo contenuto energetico. Invece è vero che se l’olio è saporito ovviamente ne basta meno per condire, e questo aiuta indirettamente a consumare meno calorie.
Nulla di più sbagliato. Al contrario, può essere considerato ottimo perché resiste molto bene alle alte temperature. Certamente vanno considerati il gusto (l’evo ha un sapore piuttosto marcato e tende a coprire di più il sapore originale dei cibi) e il prezzo (i comuni oli di semi hanno generalmente costi più contenuti).
No: il colore, in generale, non è un indice di qualità. Il colore dipende da vari fattori, tra cui il grado di maturazione delle olive, la varietà, le condizioni di lavorazione in frantoio e la successiva conservazione dell’olio. Normalmente extra vergini di oliva più verdi provengono da olive raccolte a inizio campagna e quindi più ricchi di aroma e antiossidanti, ma esistono altrettanto ottimi oli extra vergini di oliva di colore verde più tenue, tendente al giallo-dorato.
Non direi: negli impianti oleari tradizionali, con le macine in pietra e i fiscoli di sparto, la pasta di olive rimane a lungo a contatto con l’ambiente, favorendo il processo di ossidazione che incide sulle caratteristiche di qualità dell’olio ottenuto. Al contrario, nei frantoi moderni il contatto con l’aria è limitato e vengono consentiti standard igienici più elevati.
Non ci sono fondati motivi per crederlo: ulivo vecchio non fa necessariamente buon olio, anzi.
Dipende! C’è da chiedersi cosa si intenda con “genuino”… Quello che è certo è che l’olio extra vergine di oliva cosiddetto “grezzo”, cioè non sottoposto al processo finale di filtrazione, contiene un maggior residuo di acqua e di particelle di pasta di olive, che per l’appunto non vengono filtrate e favoriscono l’alterazione dell’olio in tempi più rapidi, anche se contengono senza dubbio più polifenoli; tra olio filtrato e olio grezzo non c’è comunque una sostanziale differenza di sapore, ma solo di aspetto, e quello filtrato si conserva meglio.
Sicuramente anche l’extra vergine di oliva congela, ma non per questo un olio che congela è davvero un extra vergine di oliva: l’evo è tale solo se rispetta i parametri chimico-fisici e sensoriali previsti dalle normative. Esposto a basse temperature si solidifica perché contiene una parte di acidi grassi saturi, ma è consigliabile evitare che accada perché, una volta decongelato, pur non presentando problemi qualitativi sostanziali, può andare incontro a una minore stabilità all’ossidazione, un rapido decadimento del profilo aromatico e, nel caso di oli non filtrati, alla perdita della torbidità.